Una curiosa parola
Il “brandacujùn”, curiosa parola che sorprende turisti e stranieri, è un antipasto di facile esecuzione (ma sarebbe riduttivo limitarlo a hors-d’oeuvre) o per meglio dire un “cult” dell’area imperiese, soprattutto quei piccoli borghi della magica riviera ponentina come Isolabona, Dolceacqua…
Il pesce e gli altri ingredienti
E’ di fatto uno stoccafisso (talvolta un baccalà) sbattuto e frantumato – e brandade de morue si cucinano in Portogallo, Provenza, Veneto… – . Ogni massaia custodiva la propria ricetta, con patate lesse (impagabile dono delle Meriche!), cipolla, aglio, prezzemolo, pinoli, olio extravergine d’oliva, tuorlo d’uovo, sale-pepe q.b. e – talora – succo di limone… “Branda, cujùn, che più lo scuoti e più vien buono!”, forse potrebbe esser questa l’origine un po’ salace del nome.
Ogni ingrediente, un po’ come avviene per il cappon magro, cuoce separato dagli altri, indicativamente 700 grammi di stokke chiedono 4 patate, così da dar consistenza al menu, dato che la frugalità dei tempi andati focalizzava sovente il piatto unico. Una ricetta non diversissima è il baccalà alla campanassa, dove tuttavia il latte tende a sopraffare l’olio e dove alcuni aggiungono persa e noci (mi sovviene che a Badalucco…).
Come gustarlo e quale vino abbinargli
Benché lo stoccafisso (essiccato) e il baccalà (sotto sale) siano gadus morhua, ovvero un pesce che abita i mari nordici e che fu “scoperto” dal mercante veneziano Querini naufrago in quell’anus mundi che gli parvero le isole Lofoten, il brandacujùn fu piatto ligure, in origine, da pescatori, e costoro in Liguria sono usi all’olio, non certo alle mantecature (a buon intenditor…).
Si gusta preferibilmente tiepido e mai gelido, spalmando scenograficamente su un crostone di pane il brandacujùn di texture un po’ grossolana, non a caso alcuni cuochi pestano alcuni ingredienti nel mortaio (la campanassa), così da lasciarli un poco più grezzi.
Amico gourmet che hai a cuore le tradizioni liguri, quanto al vino ti suggerisco in abbinamento un VermentinoDOC Riviera Ligure di Ponente, servito a 10-11°C in tulipani a stelo alto. Buon appetito da Umberto Curti.